Lasciare libero sfogo alle emozioni dei bambini

Una mamma racconta che tutte le mattine deve promettere alla figlia di due anni un sacchetto di caramelle al lampone perché esca di casa e vada a sedersi in macchina. Tutto è cominciato dopo che la bambina per qualche giorno di seguito era apparsa arrabbiata e triste e non aveva voluto andare all’asilo. Dopo un po’ la madre vuole trovare una soluzione alternativa e alla semplice proposta di accompagnare con gentilezza e determinazione la bambina all’auto, lasciando pure che protestasse, la madre al solo pensiero di un possibile sfogo della figlia respinge dicendo “ Voglio che diventi una persona equilibrata”.

Tutti questi genitori hanno un desiderio in comune: i loro figli devono essere allegri, equilibrati, gentili e ragionevoli. Però alla domanda se anche loro sono sempre gentili ed equilibrati, spesso rispondono: “Non sempre, ma cerco comunque di essere un modello positivo”.

Questa tendenza è tanto triste quanto allarmante. Uno scambio emotivo aperto è molto importante per la qualità delle relazioni interpersonali le quali sono poi ciò che rendono la vita familiare così preziosa. Questo vale per l’intero spettro emotivo. Perciò è triste quando i genitori sostengono unicamente i toni armonici nella molteplicità del repertorio emotivo e si considerano dei genitori vincenti solo se i loro figli sono come Teletubbies. La tendenza è invece allarmante per via delle possibili gravi conseguenze. La metà di questi bambini coopera, si adegua alle aspettative e alle pretese dei genitori, reprimendo quei sentimenti che non corrispondono all’immagine che hanno di loro i genitori. Ma così facendo non riescono ne’ a sviluppare una sana autostima, ne’ ad acquisire quella conoscenza della vita tanto indispensabile. A creare una sana autostima concorrono due fattori: quanto a fondo conosciamo noi stessi, i nostri pensieri, valori, sentimenti e reazioni, e come ci comportiamo rispetto ad essi. I genitori, lasciando intendere ai propri figli che la maggior parte dei sentimenti sono indesiderati, ostacolano questi due processi.

I bambini hanno il diritto di essere allegri, tristi, arrabbiati, disperati o ad avere paura senza che questo rappresenti per i genitori un problema. Tutti i bambini che non avranno il diritto di farlo non potranno gettare le basi di una sana autostima. Solo quei bambini che nel corso della loro infanzia avranno avuto l’occasione di esprimere tutto il loro repertorio emotivo avranno la possibilità di svilupparsi in modo da essere in grado di ristabilire il loro equilibrio interiore e la serenità quando si sentono mancare il terreno sotto i piedi.

Tutti i genitori che hanno nei confronti di se stessi e dei figli la spietata e irragionevole pretesa di essere sempre e comunque gentili, equilibrati e intelligenti, possono serenamente dar libero sfogo a tutti i sentimenti anche ai propri. I bambini non patiscono per il fatto di entrare in contatto con i diversi sentimenti dei genitori. In realtà quella è l’unica possibilità che il bambino ha di sviluppare la propria innata capacità empatica che è a sua volta una parte sostanziale di ciò che gli educatori chiamano “competenza sociale”. Come possono imparare a comprendere gli altri essere umani se i loro stessi genitori si auto impongono di non essere umani? Un’infanzia sana e normale prevede migliaia di amare batoste, centinaia di perdite seguite da disperazioni e grandi dolori, migliaia di conflitti che ci fanno arrabbiare, e anche, si spera, un sacco di cose che ci rendono allegri, euforici, felici e ci danno un senso di sicurezza. I genitori non hanno il compito di pilotare la vita emotiva dei propri figli. Il loro dovere- nonché il loro privilegio – è quello di interessarsi a loro.

Quando proibiamo certi sentimenti, tronchiamo il legame con il feedback che i nostri bambini ci danno, vale a dire con la nostra unica possibilità di avere successo come genitori.

Fonte: “Genitori competenti”, Jasper Juul

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Blerina Cela, iscritta all’Albo degli psicologi dell’Emilia Romagna, è laureata in Psicologia Clinica e di Comunità all’Università degli studi di Bologna. Si occupa di: psicologia evolutiva (disturbi di apprendimento, ADHD, disturbi d’ansia nel bambino, bambini con difficoltà relazionali, etc.), psicologia scolastica e sostegno psicologico per genitori.

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